Salitatio Beatricis D.G. Rossetti, 1859, olio su tavola, National Gallery of Canada, Ottawa |
Ogni tanto mi capita di veder film, leggere libri, guardare programmi con il solo scopo di svuotare il cervello. Mi capita subito dopo aver passato un periodo impegnativo oppure di stare ancora smaltendo un grumo di cose da fare, senza un vero inizio e senza una fine.
Non guardo quasi mai la tv di mia spontanea volontà, se non a colazione, quindi a sera, sotto le coperte, leggo. Finisco per leggere di tutto, senza stare troppo a filtrare cosa sia intellettualoide o meno, appunto perché, a seconda degli impegni del mese, leggere diventa uno svago e tendo ad alternare libri intelligenti a libri un po' meno.
L'ultima fatica è stata Inferno di Dan Brown. Ho letto altri libri scritti da lui (Il codice da Vinci, Angeli e Demoni, Le verità del ghiaccio). Sono libri dalla lettura facile: linguaggio scarno, poche descrizioni, capitoli brevi (massimo 6 pagine). Il fatto di essere dei gialli porta a leggerli con una certa celerità. Non voglio farne una recensione, quindi rischierò di svelare la trama a sprazzi.
Inferno scomoda un po' di personaggi di spessore, come in tutti i libri con Robert Langdon protagonista, facendone quasi la redazione de La settimana Enigmistica. Per una qualche malsana ragione per Dan Brown gli artisti non avevano niente di meglio da fare che giocare agli indovinelli.
Tira in ballo subito due personaggi: Dante Alighieri e Sandro Botticelli, uno per la Divina Commedia, l'altro per il dipinto con tema l'Inferno di Dante. Da qui parte con indovinelli che portano a dipinti scontati. Non è per modestia, ma davvero avevo capito il dipinto incriminati con un anticipo imbarazzante! D'altronde Langdon dovrebbe essere un professore di Harvard, esperto internazionale di simbologia religiosa! Siamo sicuri? Se si ha un minimo di formazione artistica, ti scoccia pure che questo damerino non capisca al volo e ti trovi a parlare con il libro, come la nonna fa con Giletti.
Cavalli in bronzo della Basilica di San Marco, Venezia |
Insomma, da qui finiamo al dipinto di Vasari nella Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. Il "Cerca trova" nello stendardo della battaglia di Marciano stuzzica Giacobbo di Voyager, figurarsi Brown. Si passa per il Battistero di San Giovanni con la porta del Ghiberti indovinello dopo indovinello.
Poi si salta a Venezia e qui finiamo a San Marco, ovviamente (anche questa l'avevo capita subito!), per dare un'occhiata ai cavalli di bronzo trafugati a Costantinopoli e si conclude a Istanbul stessa, nella sorella della Basilica di San Marco, Santa Sofia. Tutto questo in un giorno.
Alcune recensioni del romanzo sono impietose, reputando il libro scritto da un ignorante per degli ignoranti e contestano il fatto che spieghi chi sia Dante e cosa sia la Divina Commedia.
Scrive Simonetta Bartolini:
Il romanzo va avanti così, illustrando pagina dopo pagina la vulgata più banale della Divina commedia, compresa la storia d’amore fra Dante e Beatrice. I versi noti a qualunque lettore italiano della prima cantica dantesca vengono presentati come un campionario di misteri indecifrabili, e addirittura diventa un enigma di difficile soluzione il messaggio di uno dei personaggi che lascia detto al prof. Langdon che per lui «La porta del Paradiso è aperta».
Poiché l’ambientazione è quella che viene chiamata città vecchia di Firenze (ma quando mai? in Italia si parla di centro storico, non di città vecchia!) qualunque lettore italiano sa che il riferimento non può essere che alla porta del Paradiso di Ghiberti che orna il Battistero di San Giovanni.
Fermo restando che per molti certi versi di Dante restino tuttora un mistero, nonostante le lauree, io non so dove viva la Bartolini e chi frequenti, non so nemmeno che formazione abbia, ma ho dubbi seri che il lettore medio italiano di Dan Brown, per non parlare degli americani confusi sull'ordine temporale di Impero Romano e Medioevo, sappia chi fosse Ghiberti. Ne consegue che trovo questa invettiva a dir poco inutile e falsa.
A parte questo, io non sconsiglio la lettura di niente, perché i pareri personali sono molto relativi in questo campo, come in qualunque campo artistico. Io ho dei problemi con i grandi autori russi, ma non dico che sono dei polpettoni illeggibili, che mi scatenano un istinto omicida verso ogni personaggio. No, li lascio a chi li ama.
Un pregio Dan Brown ce l'ha: rende accessibili certi monumenti a un pubblico che non visiterebbe mai Palazzo Vecchio e forse ora entrerà nella Sala dei Cinquecento per cercare quelle due paroline magiche e magari guarderà pure il resto. E poi il cervello è stato svuotato a dovere!
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