Il libraio Arcimboldo, 1566 |
Molti lettori avevano fatto salti di gioia alla notizia della possibilità di detrarre il 19 % fino ad un massimo di 2.000 euro per l’acquisto dei libri, divisi in 1.000 euro per libri in generale, più altri 1.000 euro per i testi scolastici.
Il governo Letta pareva un governo illuminato, che, nonostante non avesse potuto far nulla per ripristinare l'insegnamento della Storia dell'Arte nella scuola secondaria, quantomeno metteva mano ad un'incentivazione della lettura con questa manovra.
Peccato che non c'è nessuna indicazione per il Dl 145/2013 e, se acquistate libri, mancano i dati necessari per poter portare in detrazione la spesa effettuata. Come si fa per i medicinali, bisognerebbe che il rivenditore richieda il codice fiscale da abbinare all'acquisto, per permettere di portare tutto in detrazione.
Ci sono ulteriori problemi che riguardano la cifra stanziata dal governo per 3 anni, 50 milioni di euro, un'inezia, perché ogni anno, per quanto gli italiani leggano poco, si spendono 3 miliardi di euro per l'acquisto di libri.
Se aggiungiamo che la detrazione non vale per gli e-book e che occorre pretendere la fattura (una procedura non automatica e che crea un bel po' di problemi alle casse, per esempio, di franchising), si capisce che è tutta una bufala, fumo negli occhi.
Sarebbe potuta essere una buona occasione per incentivare la lettura e risollevare quello che è un settore in crisi, come l'editoria. L'hanno persa, miseramente.
Incentivare la lettura non è un lavoro semplice. Considerando che chi legge quotidianamente è davvero un'esigua parte della popolazione italiana e che nelle scuole non si educa alla lettura, non si fa abbastanza per innalzare il livello culturale dell'italiano medio ed è difficile pensare che lo Stato non lo voglia fare, per quella teoria, forse becera, che una popolazione ignorante e con la memoria corta è più facile da tenere a bada.
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