mercoledì 15 febbraio 2017

Inside Out - Pete Docter e Ronnie del Carmen

Sono sempre stata particolarmente attratta dall'animazione, poco importa da chi è prodotta e da che Paese arrivi, i bei film sono belli per tante ragioni diverse.
Dopo tanta, tantissima pubblicità, tantissimi pareri positivi, finalmente sono riuscita a guardare Inside Out, prodotto dalla Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures, in un connubio che si è rivelato vincente altre volte. Il film ha vinto anche la statuetta degli Oscar nella sua categoria nel 2016.

La trama è molto semplice: assistiamo alla nascita di una bambina, Riley, e dell'evoluzione della sua mente con la nascita delle varie emozioni. Si parte da Gioia, a seguire Disgusto, Rabbia, Paura e Tristezza. Vivono nel quartier generale, dove si trovano anche i ricordi della bambina, sottoforma di sfere, che hanno il colore dell'emozione che li ha prodotti. Dai ricordi più importanti, detti ricordi base, si formano delle isole della personalità. Tutto procede tranquillamente finché, a causa del lavoro del papà, devono tutti trasferirsi dal Minnesota a San Francisco. Da questo punto le emozioni inizieranno ad avere qualche problema, finché Gioia e Tristezza verranno catapulate fuori dal quartier generale e incominceranno un viaggio per poterci ritornare.

Ecco, dopo tutto questo preambolo, devo proprio dirlo: il film non mi ha colpito per niente. Sarò controcorrente, ma davvero, non ho pensato minimamente di riguardarlo, cosa che invece mi capita spesso con tanti altri titoli, come ad esempio con il recente Zootropolis (Zootopia), candidato nell'edizione degli Oscar di quest'anno.

Essenzialmente l'idea di indagare le emozioni umane mi è piaciuta, ma la sala comandi nella testa dei protagonisti mi ha ricordato un po' troppo le produzioni di Albert Barillé, Siamo fatti così, per intenderci. Alcune delle gag che hanno tirato fuori erano carine, altre decisamente stereotipate, lo spessore dei personaggi scadente. Unico momento commovente è stato quello legato all'amico immaginario creato da Riley, Bing Bong, un pupazzone buffo che svolge egregiamente il compito di accompagnare la protagonista in una nuova fase della vita.

Tra i personaggi menzione d'onore per Gioia e Tristezza: irritanti come pochi, una sempre su di giri, l'altra deprimente più che triste. Non mi piacerebbe essere nella stessa stanza con loro, preferirei passare il mio tempo con Disgusto.
Se l'idea era quella di indagare le emozioni, credo che ci siano riusciti meglio in altri film, non molto in questo, che a tratti è stato banale. Non sono ruscita a riguardarlo, come ho anticipato, proprio non mi ha emozionata o interessata. 

Mi è piaciuta la resa grafica dei personaggi: le emozioni parevano essere ricoperte di moquette, essere quasi di peluche, quindi con una sensazione di calore e morbidezza, superando il problema di sembrare di plastica.
Purtroppo per me è decisamente bocciato.


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