domenica 20 dicembre 2015

L'artista della domenica: Artemisia Gentileschi - Giuditta che decapita Oloferne

Giuditta che decapita Oloferne
Artemisia Gentileschi, 1620 cr.
olio su tela, 199×162,5 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze
Torna la prima rubrica comparsa su questo blog. Non è esattamente 'a grande richiesta', ma ho l'impressione che siano tanti gli studenti che trovino giovamento dall'analisi puntuale di un'opera d'arte in particolare. 

Riprendo con una donna, perché le donne artiste sono in numero inferiore rispetto agli uomini, solo per ragioni puramente culturali. Delle poche che accedevano a un determinato tipo di istruzione, solo pochissime sono riuscite a raggiungere la fama e lasciare un segno nella storia, non senza qualche difficoltà. Artemisia Gentileschi è sicuramente una di queste. 
Artemisia è fortunata: suo padre è Orazio Gentileschi e la sua casa è frequentata costantemente da artisti. Suo padre vede nella figlia il talento che mancava ai figli maschi, quindi decide di iniziarla al lavoro di pittrice con grande soddisfazione. Si vive il pieno Manierismo, ma è già venuto alla ribalta un pittore che cambierà il modo di intendere l'arte, Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Si galoppa verso il Barocco, il mondo cambia, la religione anche, ma certi meccanismi no. 


Artemisia Gentileschi, infatti, è nota per un processo per stupro. Agostino Tassi, pittore esperto di prospettiva, lavorava con Orazio nella decorazione ad  affresco delle volte del Casino delle Muse nel Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma ed è chiaro che visitasse anche casa sua. Quello che è certo e chiaro è che i due, Artemisia ed Agostino, ebbero uno o più rapporti sessuali, se non una vera e propria relazione. Cosa c'entra lo stupro? A quei tempi una donna non aveva certo la libertà di avere relazioni al di fuori del matrimonio, quindi considerando che non poteva esserci alcun matrimonio riparatore visto che Tassi era già sposato, il padre, per cercare di recuperare l'onore di sua figlia agli occhi del mondo, decise di intentare causa contro il pittore amico, che fu condannato e dovette solo pagare una multa. Molti leggono nel dipinto di Artemisia, Giuditta che decapita Oloferne, una sorta di esorcizzazione della violenza subita, violenza che forse si potrebbe far risalire al semplice inganno, magari promesse di matrimonio, amore o altro, più che a una violenza sessuale, considerando che la confessione di Artemisia fu estorta con la tortura e non è da escludere che quella tra i due fosse una vera e propria relazione. Seguì un matrimonio riparatore con un altro artista e un allontanamento da Roma, giungendo anche in Inghilterra alla corte di Carlo I, ma le ingiurie per essere stata coinvolta in quello scandalo la perseguitarono anche dopo la morte. 

Giuditta e Oloferne
Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1599
olio su tela, 145×195 cm
Galleria nazionale di arte antica,
Palazzo Barberini, Roma
Esistono due versioni del dipinto, una conservata a Napoli presso Capodimonte, l'altra agli Uffizi di Firenze. Quest'ultima ha molti dettagli in più, a tratti inquietanti. Si intuisce la svolta caravaggesca di Artemisia, che ne fa per me l'artista che ha meglio compreso la lezione del maestro. Nel caso di questo tema, trovo di gran lunga superiore l'opera della pittrice rispetto a quella del Merisi. La luce ci rimanda a un notturno, forse la luce di una candela, la tensione di Giuditta e della serva che l'aiuta sono palpabili. E' un atto violento, crudo, con il sangue che zampilla in modo realistico dalla giugulare dell'uomo. Il colore rosso è il filo conduttore della scena: il sangue, la coperta di Oloferne e lo stesso risvolto nelle maniche degli abiti delle due donne, quasi il simbolo di solidarietà femminile. La serva non sta solo lì ad aspettare la testa del comandante assiro, ma sovrasta l'uomo con forza, ginocchia sul letto. L'intreccio delle braccia dei tre è mirabile e il punto centrale dell'opera è la mano di Giuditta che regge la spada. Anche l'eroina si poggia sul letto con un ginocchio e forse quel letto è veramente il simbolo dell'inganno subito. 
A volte credo che solo una donna avrebbe potuto affrontare questo tema nel modo giusto, dare un'interpretazione più intensa. Io la trovo perfetta.

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