martedì 9 dicembre 2014

La mafia uccide solo d'estate - Pif

Ci sono film che lasciano il segno, alcuni nel bene, altri nel male. Ho parlato del mio rapporto conflittuale con Wim Wenders, perché, dopo aver visto Alice nelle città, avevo qualche difficoltà a dargli una seconda possibilità. Pierfrancesco Diliberto, conosciuto anche come Pif, dovrà fare di meglio che il buffone in pubblicità per convincermi che è un regista decente e non una ciofeca, opinione che mi sono fatta dopo aver visto La mafia uccide solo d'estate
Premetto che ho avuto serie difficoltà a finire la visione del film. Non riuscivo a digerire l'idiozia imperante del protagonista che all'inizio, essendo un bambino, si può anche giustificare, ma dopo ti viene in mente la massa di giovinastri imbecilli che popola il pianeta. Ho fatto uno sforzo e il giorno dopo ho assistito inerme al finale. 
L'idea non è male, ovvero quello di raccontare la mafia dal punto di vista dei più piccoli. Lo aveva fatto già Nicolò Ammaniti nel libro e Gabriele Salvatores nel film Io non ho paura. Purtroppo le premesse sono pessime già dal genere, definito commedia drammatica. Ora: o è una commedia o è un film drammatico: nei fatti è una commedia e basta. Di drammatico c'era solo il mio stato d'animo... 

Il piccolo Arturo vive a Palermo e la sua vita pare il filo conduttore delle stragi, oppure semplicemente porta sfiga. E' concepito durante la strage di Viale Lazio, quando nasce il fratellino incrocia in ospedale Totò Riina, si innamora di una compagna di classe che abita sullo stesso condominio del magistrato Rocco Chinnici (dove avverrà l'attentato), frequenta con il papà lo stesso bar del capo della squadra mobile Boris Giuliano (lì ucciso), intervista per il giornalino della scuola il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (anche lui vittima di un attentato), durante il primo giorno di lavoro incontra Salvo Lima ed è il primo a chiamare i soccorsi quando questi viene sparato. Ciliegina sulla torta: alle elementari viene folgorato da Giulio Andreotti, tanto da ritagliare articoli e foto dai giornali e appendere un suo poster in camera. Lo capite da soli: Arturo è lo iettatore patentato di pirandelliana memoria
Lo sconcerto, però, è dato dal banalizzare tutto sullo sfondo di una storiella d'amore, dalle iris che esplodono proiettili, quelli che uccidono Giuliano, a un Totò Riina che non capisce come si utilizza il condizionatore d'aria, concludendo con una infelicissima battuta che recita: 
"Ma qualche giorno dopo Totò Riina capì come funziona un telecomando."
parlando della strage di Capaci che uccise il giudice Falcone. 
Musichette allegre quando dei mafiosi complottano, maldestre maniere degli adulti di dire che la mafia non esiste, che se ammazzano uno è perché ha messo gli occhi sulla donna di un altro sono un corollario a dir poco orrendo. E' ricco di pochezza e banalità, un film che sono felice di non aver visto al cinema, buttando 6 euro. 
Qualcuno potrà dire: "E' stato premiato al Torino Film Festival". Sì, è vero, ma è stato premiato dal pubblico e il pubblico è lo stesso che mette il "Mi Piace" sui social network a video dove picchiano un ragazzo down o affogano cuccioli, ergo non è affidabile e non va proprio preso in considerazione. 
L'unico sorriso mi è venuto quando Arturo si traveste da Giulio Andreotti per la festa in maschera della parrocchia, ma solo perché mio padre mi proponeva da piccola, facendo una allucinata satira, di travestirmi da Cirino Pomicino. E poi Arturo dice, camminando alla Andreotti:
"Il popolo sbaglia spesso, tranne in cabina elettorale."
In effetti...

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