Negli ultimi mesi, a partire da questa estate, ho deciso di abituare il mio orecchio all'inglese. Per farlo ho seguito il consiglio di guardare il lingua originale serie tv esistenti e film, alcuni che conosco già e altri offerti dal pianeta in questa lingua.
Ho unito l'utile al dilettevole e mi sono fiondata a piene mani verso una serie tv che ha costellato la mia infanzia-adolescenza. In Italia è nota come La signora del West, ma il titolo originale è Dr. Quinn, Medicine Woman.
La fortuna vuole che non esista una versione homevideo doppiata in italiano, quindi è reperibile in commercio online solo nell'edizione inglese, senza sottotitoli, per una lunghezza complessiva di 150 episodi. Ammetto che il mio entusiasmo è eccessivo in merito, anche perché non è una di quelle serie imperdibili, ma l'affetto che si prova per Jane Seymour, alias il Dr. Michaela Quinn, ha avuto la meglio.
Fa parte dei miei personalissimi Scacciapensieri e non so quanto sia attendibile la ricostruzione storica di un periodo che va dal 1867 al 1873 nella cittadina di Colorado Springs, realmente esistente, posizionata nel bel mezzo degli Stati Uniti d'America. Di certo è stupefacente come il dottore operi un sacco di gente in condizioni igieniche raccapriccianti, addirittura neurochirurgia, e sopravvivano con degenze brevi, senza flebo, in coma che durano giusto due giorni, il tempo di non morire disidratati.
Il Dr. Michaela Quinn proviene da Boston, da una famiglia agiata, con uno stuolo di sorelle al limite del bisbetico ed è diventata medico per disperazione del padre che, avendo atteso invano un figlio maschio dopo 4 femmine, decide di regalarle il nome da maschietto che aveva già trovato, Michael, adattarlo alla bambina e introdurla all'istruzione adeguata. Questa parte della storia ricorda Lady Oscar, con il mito del figlio maschio che un po' stufa, ma il nostro dottore dovrà combattere per molto tempo la diffidenza altrui, proprio perché un medico donna non si è mai visto. Arriverà a farsi tirar via un dente pur di guadagnarsi la fiducia del barbiere del paese, quello che rappezzava tutti quando si sventravano per tagliare la legna o si prendevano a pugni nel saloon.
Come vestire Kid Cole? Di nero, ovvio! |
Il pilot è un concentrato di sfighe: appena il Dr. Mike mette piede in città provoca infarti, morti accidentali per morsi di serpenti a sonagli, le vengono appioppati tre orfani, riesce a far arrivare l'esercito alla carica contro gli indiani, provoca tensioni e rischia di farsi accoppare. Questo ben di dio di donna è bilanciato da Byron Sully, noto con il cognome per misteriose ragioni, che ha adottato il modo di vivere degli indiani, pur avendo una homestead (una casa colonica), un po' senza fissa dimora, un po' agente indiano (ma molto in là nella serie) sa fare tutto: minatore, cacciatore, carpentiere, ogni tanto fabbro, contadino, conciatore di pelli, sarto, liutaio.
Sui tre ragazzini adottati dal Dr. Mike stenderei un velo: Matthew è una specie di erede di sfiga cosmica, capace di perdere la promessa sposa per idrofobia; Coleen è una so-tutto-io che a 12 anni assiste agli interventi nella clinica, manco fosse un'attrezzista da sala operatoria, anestesista e infermiera: 3 in 1; Brian forse è il più detestabile: avete presente il bambino perfetto? Sempre buono, generoso, altruista? Ecco, lui, anche se ogni tanto torna umano.
Ci sono bei personaggi, più o meno profondi, fatti storici di rilevante importanza e temi molto seri, però resta sempre una serie un po' così, baci abbracci e vissero felici e contenti, che svuota il cervello.
Chicca assoluta: Johnny Cash e June Carter fanno un paio di apparizioni in qualche puntata, nei panni di Kid Cole e Sister Ruth.
Nessun commento:
Posta un commento