lunedì 17 dicembre 2018

La forma della voce - Naoko Yamada

Chi mi conosce sa che, per quanto riguarda i manga, leggo sempre quelli di genere shonen e seinen, roba da maschiacci. Eppure, giusto in questi giorni, mi sono lasciata prendere dalla trasposizione cinematografica di uno shojo, A silent voice, manga in sette volumi di Yoshitoki Ōima.
La forma della voce è diretto da un'altra donna, Naoko Yamada, che ha dovuto condensare tutto in due ore, esperienza non facile, ma che con qualche espediente narrativo cinematografico è riuscita a realizzare un'opera intensa.
Leggendo qui e là recensioni  e paragoni con il manga, ha tralasciato qualche argomento affrontato sulla carta, ma il film è incredibilmente godibile ed emozionante e forse è proprio l'emozione che suscita a salvarlo da quelle incongruenze che chi ha letto il manga ha notato.

La forma della voce è uno shojo atipico, nel senso che la storia d'amore fa da sfondo a problematiche complesse: bullismo, suicidio, diversamente abili.

Il film si apre con il protagonista, Shoya Ishida, liceale all'ultimo anno, che mette in atto una serie di azioni programmate: si licenzia dal lavoro part-time, ritira i soldi guadagnati fino ad allora dalla banca, vende tutto quello che ha e dona tutto il ricavato a sua madre perché ha deciso che il 15 aprile sarà il suo ultimo giorno di vita. E' pronto a saltare da un ponte ed è già lì quando pensa, all'ultimo momento, di cercare Shoko Nishimiya per chiederle scusa.

Shoko è una ragazza sorda che ha frequentato con lui un anno delle elementari ed è stata la sua vittima. Ishida ha bullizzato la bambina fino a ferirla fisicamente e psicologicamente. Il copione, purtroppo, è tipico. L'arrivo di questa bambina diversamente abile è prima una novità per la classe, poi per tutti, insegnante compreso, diventa un peso, una scocciatura, perché bisogna aiutarla, scrivere sul suo quaderno per comunicare con lei e Ishida interpreta il ruolo del cattivo che tutti vorrebbero ma non osano: ridono tutti quando lui le fa i peggiori dispetti possibili, arrivando a rompergli diversi apparecchi acustici. L'insegnante lascia correre, ogni tanto elargisce rimproveri blandi, pur sapendo che quello messo in atto dal ragazzo è bullismo allo stato puro. Quando la madre di Shoko decide di farle cambiare scuola per le vessazioni subite, chiede anche che vengano trovati i colpevoli e tutti in classe sanno che il bullo è Ishida, insegnante compreso. Il ragazzino fa notare che gli altri hanno riso ed erano complici delle sue malefatte, ne fa addirittura i nomi, ma il risultato delle sue azioni è tragicomico: da bullo diventa vittima, perché nessuno vuole avere a che fare con lui, mai più.

Ishida non ha amici e non riesce a vedere i volti delle persone che lo circondano, ci vede su una bella X. Non riesce a sentirne i veri dialoghi, ma continue critiche verso di lui, accuse, cattiverie che pensa di meritare, perché si considera una persona malvagia e dannosa per gli altri, un mostro che non merita nulla. Il suo è un percorso verso il perdono e l'accettazione di sé stesso, prima di tutto, ma il suo essere stato bullo è uno stigma che si porterà fino alla fine del film, con risvolti che sono stati un colpo al cuore.

Ci sono tanti bei personaggi, ma tutto ruota intorno a questo ragazzo e anche questo è un po' atipico per uno shojo, dove spesso il punto di vista è quello femminile.
Ho provato grande dispiacere per questo ragazzo, perché è vero che è stato un bullo, ma ha capito profondamente i suoi errori, non è stato coperto da sua madre che, anzi, lo costringe a scusarsi con Nishimiya, ma continua a vivere in un isolamento punitivo davvero sconcertante.

Non ho voluto raccontare la trama, molto complessa nell'interazione con gli altri personaggi, perché merita di essere visto. Vi lascio il trailer.


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