Avrei tante cose da scrivere sul blog, argomenti che ho segnato sulla mia agenda in queste settimane e che aspettano solo di essere sviscerati. Oggi vorrei solo parlare del film che ho visto ieri sera: Turner.
Ho sempre amato i biopic e forse sono il mio genere preferito. Mike Leigh firma la regia della biografia del pittore che ha cambiato l'arte inglese nella prima metà dell'Ottocento. Ebbene sì, la rivoluzione artistica che si è svolta oltre la Manica è stata feroce e si è consumata all'interno dell'Accademia. Essendo isolata dal resto d'Europa, abbiamo dovuto aspettare gli Impressionisti per vedere degli effetti dello studio della luce, che invece aveva già dato dei frutti squisiti, come i Preraffaelliti e la loro pittura open air. Non sempre la storia è giusta.
Timothy Spall interpreta magistralmente un pittore già affermato, che ha già affrontato gli esordi brillantemente, di cui si aspettano i nuovi dipinti da esporre in Accademia. La sua vita non è come ci si aspetta o come il senso comune immagina sia quella di un artista. Forse l'unica nota che abbraccia lo stereotipo è quella di una certa stravaganza e propensione al viaggio, che sia in Olanda o in regioni incontaminate del Regno Unito.
Per quanto sia difficile crederlo, il carattere ombroso, burbero, non troppo incline alla mondanità di Turner viene reso simpatico e provocava risa in sala per il suo modo pazzesco di grugnire, in risposta alla maggior parte delle domande che gli venivano poste da chiunque. Conservava un certo contegno solo in determinate occasioni formali.
Interessante il siparietto in casa Ruskin, dove il giovane critico, accompagnato dai suoi genitori, passa un pomeriggio con Turner e altri tre pittori più o meno affermati e critica pesantemente Claude Lorrain, paesaggista seicentesco, a cui il maestro del paesaggio inglese, John Constable, si è ispirato a lungo. Ne viene fuori una guerra di generazioni e pensieri, nella quale Turner si rivela più lungimirante di Ruskin, manifestando una comprensione del relativismo storico di tecniche e visioni.
Come spesso accade, gli uomini di genio non sono geniali nelle cose del mondo e Turner, nella visione di Leigh, non fa eccezione. Quello che muove maggiormente il suo spirito è lo studio della luce, dei suoi effetti e sono tanti gli esperimenti nel film, non ultimo l'interesse per la fotografia, in particolare del dagherrotipo, portato a Chelsea, dove si trasferisce in dolce compagnia, da un americano. Manifesta curiosità su come funziona e chiede allarmato perché non si riescono a riprodurre i colori. Il fotografo, sconsolato, gli risponde che per ora non conoscono le ragioni e Turner spera che non le scoprano mai. Il timore di tutti era che i pittori, abbandonata la tavolozza, si sarebbero armati di scatole!
Un bel film e un meritatissimo premio per Timothy Spall, Turner è una visione del mestiere di pittore, di artista fuori dagli schemi, per quanto a molti possa sembrare così ordinario.
La rivincita dell'arte inglese è iniziata e in programma c'è Effie, storia della moglie di John Ruskin, film scritto da Emma Thompson. Io sono felicissima per ovvie ragioni e voi? Che ne pensate?
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