lunedì 19 agosto 2013

Real, l’altra faccia del basket

Uno dei generi di manga che ha sempre avuto un seguito, ma che molti snobbano quasi fosse un genere minore, è quello legato allo sport. In Giappone vengono chiamati spokon e sono davvero molti quelli diventati famosi. Chi è della generazione degli anni ’80 ha sicuramente passato i pomeriggi a guardare anime come Capitan Tsubasa (Holly e Benji) e Attacker YOU (Mila e Shiro).

Si celebra la tenacia, l’impegno, la fatica che verranno premiate con la vittoria. Sono temi molto cari al Paese del Sol Levante e questo fa sì che ne vengano prodotti sempre, costantemente, senza perdere colpi. Gli sport sono tanti, d’altronde!
Uno spokon anomalo e forse anche difficile da inserire in questo genere è Real – l’altra faccia del basket di Takehiko Inoue.


Inoue, classe ’67, è diventato famoso per un altro spokon, Slam Dunk. Si parlava sempre di basket, con protagonista Hanamichi Sakuragi, un teppista che decide di diventare cestista solo per far colpo su una ragazza, ma che finirà per innamorarsi dello sport. Quell’avventura inizia per caso, perché Inoue non era certo che il basket potesse interessare davvero i lettori di manga, considerando che si tratta di uno sport che in Giappone si può praticare solo da studenti. Il successo, però, arrivò e sul basket sono stati pubblicati in seguito altri titoli.

A questo punto il Sensei alza il tiro e inizia a disegnare nel 2001 Real. Lo definisce il progetto che ha sempre avuto in mente, il desiderio che si realizza. Real è l’altra faccia del basket, un altro tipo di pallacanestro, quella praticata dai disabili in carrozzina e qui la faccenda si fa pesante. Se con Slam Dunk eravamo abituati alla goliardia interrotta brevemente, ma senza esagerare, da episodi seriosi, qui si rovescia tutto, perché parlare di disabilità non è cosa semplice.

I tre ragazzi protagonisti vivono tre storie diverse, destinate a incrociarsi. Ciò che hanno in comune è l’incontro brutale e traumatico con la carrozzina.

Tomomi Nomiya è il primo dei tre che incontriamo. Lascia il liceo in seguito a un incidente stradale dal quale è uscito quasi indenne nel fisico, ma non nello spirito. Si porta sulle spalle un senso di colpa molto grande. Nell’incidente in cui è rimasto coinvolto, e che vediamo in un breve flashback, è rimasta ferita una ragazza, rimorchiata qualche minuto prima per strada e invitata a salire sulla sua moto: Natsumi Yamashita è in sedia a rotelle. Tomomi tenterà di esserle utile e forse essere perdonato da lei per quello che ha causato. Le farà visita molto spesso, regalandole specialità culinarie provenienti da tutto il Giappone, ma Natsumi non gli rivolgerà la parola per lungo tempo e quando deciderà di parlargli lo definirà ‘la sua disgrazia’.

Tomomi è anche il gancio degli due protagonisti. Un giorno, in una delle sue visite a Natsumi, decide di portarla fuori dalla clinica. All’interno di una palestra scolastica i due si imbattono in uno strano ragazzo in carrozzina, molto agguerrito, che gioca a basket. Si tratta di Kiyoharu Togawa, ex centometrista che ha subito l’amputazione di una gamba in seguito alla scoperta di un osteosarcoma. Kiyoharu inizia a giocare a basket in carrozzina grazie all’incontro con Tora, un tatuatore giapponese, fondatore della squadra dei Tigers. Purtroppo non ha un gran spirito di squadra ed è per questo che si allena da solo.

Il terzo ragazzo, che vive il percorso più difficile, è Hisanobu Takahashi. Capitano della squadra di basket nella quale militava anche Tomomi, viene investito da un camion mentre è in bicicletta. Per lui il destino è segnato. La perdita dell’uso delle gambe sarà l’origine di un cambiamento totale della sua vita, non solo nella quotidianità, ma nella scala dei valori che aveva ben chiara nella sua mente. Il dolore fisico e la rabbia iniziali si tramuteranno in vergogna e depressione, tanto da finire con il pugnalarsi le gambe con un pezzo di vetro e scoprire che non sente nulla. Le descrizioni di Inoue della sua condizione sono realizzate con immagini molto dure. A rendere tutto più drammatico è anche la totale assenza di tutte quelle persone che in passato lo adulavano e che credeva suoi amici. In ospedale va a trovarlo solo una ragazza, Fumika, con la quale usciva qualche volta, ma che considera una persona di “serie C”. In seguito anche Tomomi passerà da lui per perdonarlo e cambiare vita, nonostante Hisanobu sia sempre stato molto crudele con lui.

La riabilitazione, riprendere in mano la propria vita, la capacità di trovare un’alternativa a quello che erano i propri desideri, accettare la diversità e scoprire nuove capacità e nuovi limiti sono i temi che Inoue affronta. Non ultimo e non meno importante è la scoperta delle relazioni autentiche tra le persone, quello che resta quando non si è più alla ribalta o non si vive un momento felice.

La pubblicazione di questo manga è molto lenta. Il Sensei lavora saltuariamente e in modo irregolare a questa serie, arrivata al volume 14, sia in Giappone che in Italia, pubblicato dalla Planet Manga. La cadenza è diventata annuale. L’ultimo volume è stato stampato nel giugno 2015, ma sono in lavorazione le ristampe dei primi volumi, usciti nel lontano 2004, per chi entra in contatto solo ora con questa serie.

La caratterizzazione dei personaggi è estremamente curata nel disegno, molto realistico nel rispetto delle fisionomie giapponesi o comunque orientali: niente occhioni grandi, ma tratti somatici che contemplano anche “difetti” come borse sotto gli occhi, rughe, calvizie e nasi a patata. Il tratto è pulito e netto. Le tavole a colori e le copertine mostrano l’abilità del mangaka con i pennelli. La maturità artistica di Takehiko Inoue in Real è ai livelli più alti, rispetto a quanto ha realizzato negli anni, sia nei disegni che nella sceneggiatura.


Se si volessero trovare dei difetti a questo manga, la lentezza di pubblicazione è la sola cosa che alla lunga stanca, rendendo difficile seguire le trame non semplici che coinvolgono i tre protagonisti.  

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