foto: Confassociazioni Beni Culturali |
Una delle tante critiche che mi è stata fatta, quando ho scelto di studiare Storia dell'Arte, è stata quella che il settore culturale sia perennemente in crisi e, come disse un ministro tempo fa, con la cultura non si mangia.
Ebbene, in un pianeta dove le guerre e il fantasma del terrorismo sta spostando l'asse turistico da un luogo all'altro alla velocità della luce e la crisi ha ridotto la capacità di spesa dei turisti italiani e stranieri, anche l'Italia ha registrato un incremento dei flussi per la gioia di Franceschini (insomma, non è propriamente tutto merito suo, ma ne parlerò prossimamente), a dimostrazione che la cultura e il turismo sono una parte del Pil e nemmeno così scarsa, considerando l'indotto.
Non solo, l'Italia ha un enorme patrimonio culturale, storico, artistico, musicale, oltre che etnoantropologico, fermandoci a tutto ciò che compete al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fino a poco tempo fa, aveva il maggior numero di siti UNESCO, superata di poco solo dalla Cina. Ne consegue che per mantenere attivi tanti siti, occuparsi della manutenzione ordinaria e straordinaria, della conservazione, della valorizzazione e della promozione di questo patrimonio ci sia bisogno di tanto, tantissimo personale specializzato. Che siano esperti in biblioteconomia, archeologia, restauro, architettura, storia dell'arte o musicologi, direttori artistici, curatori e via dicendo, sono proprio quei tanto sbeffeggiati professionisti, criticati per la scelta insana di essersi dedicati a materie umanistiche o legate al mondo artistico e culturale, ad essere necessari.
Ma, insomma, servono o non servono? Servono, è un dato di fatto. Il problema è che spesso dicono che non ci siano i soldi, o meglio, il settore dei beni culturali tutti è quello che subisce più tagli in assoluto, durante qualunque governo, in qualunque situazione si trovi (salvo poi arrivare con finanziamenti d'emergenza perché crolla Pompei ad ogni pioggia), per cui essere un professionista dei beni culturali ha delle difficoltà intrinseche davvero complesse. Essendo lo Stato e gli enti pubblici ad essere proprietari della maggior parte del patrimonio culturale, è chiaro che è il pubblico che dovrebbe finanziare in buona parte qualunque attività sancita dalla legge in relazione a questi siti, anche perché facciamo pastrocchi quando ci mettono mano i privati, come nel caso del Colosseo o della Fontana di Trevi.
Come detto prima, non ci sono i soldi. Come fare? Quest'anno il Mibact ha avuto una grande idea: sfruttare il Servizio Civile. Su 1.050 posti di Servizio Civile di quest'anno, 1.000 sono nell'ambito dei beni culturali.
Purtroppo questa scelta è deprecabile per vari motivi, come ha denunciato il gruppo Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali.
Il Servizio Civile è volontariato, che prevede una sorta di rimborso spese di 433,00 euro.
Leggendo il bando, il gruppo si è reso conto che si cerca personale altamente qualificato per svolgere un lavoro da professionisti nel settore per lo svolgimento delle attività ordinarie di musei, siti archeologici, biblioteche, tanto che titoli di studio e di specializzazione nel settore sono preferiti.
I volontari in questione farebbero risparmiare davvero un sacco di soldi allo Stato, da una parte, e dall’altra ne farebbero guadagnare forse ancora di più, grazie a migliore fruibilità, valorizzazione, promozione… Gli unici a non guadagnare nulla? I volontari, pagati con briciole, utilizzati anche durante i giorni festivi, e scaricati alla fine del Servizio Civile, dopo aver contribuito al raggiungimento degli obiettivi preposti.
L'appello del gruppo è chiaro:
Ora, vogliamo comprendere che da ora in poi questi infami vogliono fare un bando da 1000 volontari all’anno? Che il sistema in questo modo collasserà, e crollerà tutto? Che l’unico modo per trovare lavoro nei prossimi anni nel nostro settore, in Italia, è fare in modo che certi bandi vadano deserti e non se ne facciano più? Facciamo in modo di non partecipare, e ancor di più di convincere tutti i nostri amici e conoscenti a non partecipare?
Lo diciamo chiaro, le domande arriveranno, ma se arriveranno solo da persone non preparate a sufficienza, solo da giovani non laureati, il bando avrà fallito, e comprenderanno che devono cambiare metodo. E possiamo farcela.Invadiamo i luoghi della cultura, i bar, le piazze e i social per far capire quanto umiliante e disastrosa sia questa politica, utilizziamo l’hashtag #1000schiavi per colpire Ministero e istituzioni che partecipano al bando, in modo da inondarli di cattiva pubblicità (ricordiamoci che i turisti scelgono dove andare su internet, un attacco social è oggi assolutamente efficace), e soprattutto uniamoci, tutti, per porre un argine definitivo a questa deriva. A meno che voi non vogliate fare un grande, grandissimo favore a uno Stato che ci impedisce di lavorare nel nostro Paese, sia chiaro.
Io ho la fortuna di lavorare in una piccola realtà privata, fatta di professionisti seri, ma questo modo di trattare i professionisti dei beni culturali fa male anche a me, perché conosco la passione e i sacrifici che si fanno, come anche la derisione quando scoprono che cosa hai studiato, di cosa vorresti vivere. Anche questi sono lavoratori con una dignità che va difesa.
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