La forma della voce è diretto da un'altra donna, Naoko Yamada, che ha dovuto condensare tutto in due ore, esperienza non facile, ma che con qualche espediente narrativo cinematografico è riuscita a realizzare un'opera intensa.
Leggendo qui e là recensioni e paragoni con il manga, ha tralasciato qualche argomento affrontato sulla carta, ma il film è incredibilmente godibile ed emozionante e forse è proprio l'emozione che suscita a salvarlo da quelle incongruenze che chi ha letto il manga ha notato.
La forma della voce è uno shojo atipico, nel senso che la storia d'amore fa da sfondo a problematiche complesse: bullismo, suicidio, diversamente abili.
Il film si apre con il protagonista, Shoya Ishida, liceale all'ultimo anno, che mette in atto una serie di azioni programmate: si licenzia dal lavoro part-time, ritira i soldi guadagnati fino ad allora dalla banca, vende tutto quello che ha e dona tutto il ricavato a sua madre perché ha deciso che il 15 aprile sarà il suo ultimo giorno di vita. E' pronto a saltare da un ponte ed è già lì quando pensa, all'ultimo momento, di cercare Shoko Nishimiya per chiederle scusa.
Shoko è una ragazza sorda che ha frequentato con lui un anno delle elementari ed è stata la sua vittima. Ishida ha bullizzato la bambina fino a ferirla fisicamente e psicologicamente. Il copione, purtroppo, è tipico. L'arrivo di questa bambina diversamente abile è prima una novità per la classe, poi per tutti, insegnante compreso, diventa un peso, una scocciatura, perché bisogna aiutarla, scrivere sul suo quaderno per comunicare con lei e Ishida interpreta il ruolo del cattivo che tutti vorrebbero ma non osano: ridono tutti quando lui le fa i peggiori dispetti possibili, arrivando a rompergli diversi apparecchi acustici. L'insegnante lascia correre, ogni tanto elargisce rimproveri blandi, pur sapendo che quello messo in atto dal ragazzo è bullismo allo stato puro. Quando la madre di Shoko decide di farle cambiare scuola per le vessazioni subite, chiede anche che vengano trovati i colpevoli e tutti in classe sanno che il bullo è Ishida, insegnante compreso. Il ragazzino fa notare che gli altri hanno riso ed erano complici delle sue malefatte, ne fa addirittura i nomi, ma il risultato delle sue azioni è tragicomico: da bullo diventa vittima, perché nessuno vuole avere a che fare con lui, mai più.
Ishida non ha amici e non riesce a vedere i volti delle persone che lo circondano, ci vede su una bella X. Non riesce a sentirne i veri dialoghi, ma continue critiche verso di lui, accuse, cattiverie che pensa di meritare, perché si considera una persona malvagia e dannosa per gli altri, un mostro che non merita nulla. Il suo è un percorso verso il perdono e l'accettazione di sé stesso, prima di tutto, ma il suo essere stato bullo è uno stigma che si porterà fino alla fine del film, con risvolti che sono stati un colpo al cuore.
Ci sono tanti bei personaggi, ma tutto ruota intorno a questo ragazzo e anche questo è un po' atipico per uno shojo, dove spesso il punto di vista è quello femminile.
Ho provato grande dispiacere per questo ragazzo, perché è vero che è stato un bullo, ma ha capito profondamente i suoi errori, non è stato coperto da sua madre che, anzi, lo costringe a scusarsi con Nishimiya, ma continua a vivere in un isolamento punitivo davvero sconcertante.
Non ho voluto raccontare la trama, molto complessa nell'interazione con gli altri personaggi, perché merita di essere visto. Vi lascio il trailer.
Nessun commento:
Posta un commento