In notturna ho finito di leggere il manga Banana Fish, pubblicato in 19 volumi in Giappone, tra il 1985 e il 1994, opera della mangaka Akimi Yoshida. E' tornato alla ribalta per via della serie animata che solo quest'anno è stata portata sugli schermi.
E' difficile classificare questo manga, viene spesso definito shojo, ma a mio parere è un pulp che vira verso un ipotetico e mascherato shonen ai.
Per capirci, gli shojo sono i manga per ragazze, tendenzialmente con storie d'amore, gli shonen ai trattano letteralmente di amore omosessuale (shonen = ragazzo, ai = amore) in senso romantico. Il pulp invece è quel genere poliziesco con risvolti molto efferati, crimini violenti, pensiamo al cult di Tarantino, Pulp Fiction.
La trama è lunga e complessa. Tutto parte nel 1973, in Vietnam, quando un soldato americano, mentre tutti sono rilassati in una delle pause tra una devastazione e l'altra, impazzisce letteralmente e finisce per sparare ai suoi compagni, uccidendone qualcuno. Riusciranno a fermarlo per il rotto della cuffia e le uniche parole che escono dalla sua bocca sono ”Banana Fish”. Dodici anni dopo ci spostiamo a New York, dove la polizia sta indagando su una serie di strani suicidi. Qui veniamo sorpresi da un uomo ferito a morte che, prima di morire, consegna ad un giovane criminale, di nome Ash, una strana capsula, ancora una volta accompagnata dalle parole “Banana Fish”.
Ash è il nostro protagonista, americano, 17 anni, biondo, occhi verdi, con un QI da far impallidire Einstein, è a capo di una gang con un passato devastante, ha subìto e subisce diversi stupri, è stato introdotto nel mondo della prostituzione minorile e suo malgrado è stato vittima di pedofili. Partiamo subito con colpi allo stomaco, insomma. Co-protagonista è Eiji, diciannovenne giapponese, ex saltatore con l'asta che ha perso la gioia del salto, arrivato a New York al seguito di un fotografo suo amico, che deve realizzare un reportage sul fenomeno delle gang giovanili americane.
Sono molte le immagini fuori trama che ritraggono i due nel quotidiano |
E lo shonen ai? Beh, il punto è questo. Negli anni '80 parlare esplicitamente, specie in Giappone, di amore omosessuale era praticamente impossibile, difficile, impopolare, quindi per tutta la serie Ash e Eiji continueranno a riferirsi uno all'altro come migliori amici, ma il lettore, che cretino non è, nota gli sguardi, il trasporto, il legame che si crea tra i due, tanto che Ash ha un bisogno spasmodico di avere Eiji vicino a sé, pur nella consapevolezza di mettere in pericolo la sua vita. Per la prima volta però ha incontrato qualcuno che si prende cura di lui, senza volere nulla in cambio e gli costa fatica lasciarlo andare.
Nella versione animata hanno attualizzato la storia di base, quindi il Vietnam è diventato l'Iraq, hanno introdotto i cellulari e abbandonato le cabine telefoniche.
Fondamentalmente è un poliziesco, quindi può piacere a una larga fascia di pubblico, tanto che spesso i critici si sono riferiti a questo manga come ad uno shojo che anche i ragazzi potevano leggere senza remore. Per certi versi è anche parecchio duro, perché anche personaggi importanti finiscono per lasciarci la pelle, come avviene ed è avvenuto sia per manga cult, come Rocky Joe, che oggi per manga quali Attack on Titan e Berserk.
Il vero problema è il finale. Ve lo metto in bianco, se volete, selezionate la parte di testo in basso e leggete che succede.
Da qui Ve lo dico secco: Ash muore, ma la sua morte è talmente stupida da lasciare sgomenti. Non muore per le mille volte che viene rapito ed è in balia di questo o quel potente di turno, non muore nemmeno nello scontro finale contro dei mercenari, con tanto di esplosione di un elicottero, bombe a mano e compagnia. No, muore per mano di un personaggio secondario che tutti avevamo dimenticato, che porta avanti una vendetta personale. Ash abbassa la guardia mentre legge una lettera di Eiji, in partenza per tornare in Giappone, e che lui ha deciso con sofferenza di lasciar andare e non vedere mai più, perché la sua vicinanza ha messo in pericolo di vita l'amico/amore. Distratto, non si accorge della presenza del nemico e viene pugnalato, pur se non vengono colpiti organi vitali. A questo punto è stata palesemente una scelta dell'autrice farlo morire dissanguato nella biblioteca di New York, mentre si lascia cullare dalle parole di Eiji "Puoi cambiare il tuo destino. Non sei solo, Ash. Io sono con te. La mia anima sarà sempre con te.".
In realtà lo vediamo 'addormentato' nella biblioteca, il finale poteva quasi considerarsi aperto per i più speranzosi (tipo me). Peccato che ci tolga ogni dubbio con un detestabile capitoletto ambientato 8 la vicenda. Veniamo a sapere che Ash è morto lì per davvero (quando poteva chiamare un'ambulanza, pur facendosi arrestare, cercare aiuto da parte dei suoi uomini, niente, si lascia morire e nessuno nota una pozza di sangue per terra e nemmeno il tavolo e la lettera macchiati di rosso), che Eiji si è trasferito a New York, è un fotografo e organizza una mostra. Con lui vive Sing, che lavora per Yut Lung, è diventato un ragazzone e si sente in colpa perché è stato il suo fratellastro a uccidere Ash. Si sente in colpa per lo stato perennemente depresso di Eiji, che da allora non è mai più stato felice. Sing vorrebbe che Eiji lasciasse andare il ricordo di Ash, perché se Eiji non è felice, nemmeno lui, Sing, può esserlo (e pure qui io ci vedo un po' di BL). Sing mette l'accento sulla capacità di Eiji di 'sentire' le richieste di aiuto di chiunque: così è stato con Ash ed Eiji ammette di ignorare la richiesta di aiuto di Sing, il suo senso di colpa, perché sa in cuor suo che è stata la sua lettera a distrarre Ash, tanto da renderlo una facile preda. Eiji non dimenticherà mai Ash, non vuole farlo e questo non vuol dire che non è o non potrà mai più essere felice. Nessuno può sostituire Ash, come nessuno può sostituire Sing, ognuno di noi è unico. Eiji aveva nascosto tutte le foto di Ash, come se questo potesse fare la differenza, per cui si mette comodo e guarda le diapositive che ritraggono l'amore della sua vita e, alla fine, ne sceglie una per la sua mostra.
Sembra un capitolo commemorativo di cui io non sentivo il bisogno, come non sento mai il bisogno dei detestabili "tot anni dopo": non fatelo, lasciate tutto all'immaginazione, per favore! A qui!
Tutto sommato è un bel manga, il disegno diventa via via più curato e l'edizione italiana e giapponese condividono la scelta di stamparlo su carta gialla. E' godibile tutto sommato fino a quella che è la conclusione effettiva, vi consiglio di lasciar perdere il capitolo che racconta quello che succede 8 anni dopo e di cui ho parlato nello spoiler. Però se proprio volete leggerlo, padroni di farlo!
E ora, sigla!
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