LA MORTE DI MARAT
Jacques-Louis David, 1793, olio su tela, 165 x 128 cm, Musée Royaux des Beaux-Arts, Bruxelles
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Un dipinto storico atipico. Un ritratto atipico. Pochi elementi per raccontare una grande storia, un uomo simbolo della Rivoluzione Francese. Solo un grande artista poteva avere il dono della sintesi efficace per rendere con delicatezza una tragedia.
Jacques-Louis David dipinge in un'epoca di tumulti, di assestamento di una Francia in preda ad una Rivoluzione che è costata già molte vite. Napoleone è già soldato per la rivoluzione corsa. Luigi XVI è stato ghigliottinato e Maria Antonietta seguirà a breve il suo destino.
Gestire un Paese allo sbando ha portato a scelte discutibili e, tra chi ha dovuto decidere cosa fare e come farlo, c'erano Robespierre e Marat. Entrambi cadranno per mano altrui, per mano di chi non sopporterà i loro metodi violenti, il Terrore che il primo instaurerà e il fomentare le frange più violente del popolo da parte del secondo.
Ma di questa violenza non c'è segno nel dipinto di David. Ciò che l'artista ha deciso di ricordare è la sua fine tragica e il modo di vivere scelto dal rivoluzionario, in linea con la sua moralità e i suoi principi.
Marat è immerso in una vasca da bagno, unico sistema che aveva per poter alleviare la sua dermatite. Anche in queste condizioni non smetteva di scrivere articoli per il suo giornale, grazie all'ausilio di una semplice e sgangherata cassetta di legno, elemento ricorrente in molti dipinti a lui dedicati. In questo caso l'oggetto funge anche da piccola lapide, con una dedica semplice "A Marat" e la firma dell'artista.
Simbolo della sua modestia economica sono anche le lenzuola rattoppate visibilmente, in basso a sinistra. Un calamaio sulla cassetta e una penna d'oca ancora tra le dita della mano destra, il cui braccio è l'unico elemento verticale del dipinto, indicano la piena attività, ormai solo intellettuale, del medico rivoluzionario. La mano sinistra regge la lettera inviatagli da Charlotte Corday, la sua assassina. Della sua presenza non è rimasto altro che il coltello col quale ha pugnalato l'eroe della Rivoluzione durante l'udienza concessagli.
Quasi come un Cristo Morto, Marat appare in una luce livida, senza direzione, su uno sfondo scuro, quasi a ricordare le flagellazioni, le apparizioni dall'ombra di Caravaggio. Lo sguardo esita sul volto privo di vita del soggetto, circondato da un turbante che pare fare le veci di un'aureola, punto di fuga di tutta l'organizzazione del dipinto attira il nostro sguardo, quasi a volerne carpire l'ultimo pensiero.
Un santo laico, un santo temuto, ma pur sempre un eroe che ha portato all'incredibile mutamento di un Paese governato da un sovrano assoluto.
David riesce a comunicarci la sua storia cancellando ogni elemento superfluo per lasciarci l'uomo. La sincerità delle sue idee è palpabile. Questo dipinto è la sintesi della sua pittura storica e morale, liberò com'è, ancora per poco, delle commissioni napoleoniche.
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