mercoledì 5 giugno 2019

Innocenza violata e le sue conseguenze: "Io so' Carmela"

Il caso del suicidio assistito di  Noa Pothoven sta facendo il giro del mondo. Quello che colpisce è che finora l'eutanasia e il suicidio assistito riguardavano persone con malattie incurabili che, prima di tutto, le debilitavano nel fisico, rendendo in senso pratico la loro vita difficile, provocando dopo sofferenza psicologica. Nel caso di Noa il disagio più che nel corpo era nello spirito, finita in una spirale di depressione e anoressia che le ha fatto desiderare la morte.
Volendo, avrebbe potuto suicidarsi in tutti i modi possibili, però ha deciso di farlo in modo controllato dalle istituzioni.
Non mi permetto di iniziare una discussione etica e morale, non sono in grado di valutare se sia giusto o sbagliato. Leggendo la sua storia, però, mi è tornato in mente un graphic novel che ho comprato diversi anni fa e che racconta una storia simile, ispirato al diario di Carmela Cirella, ritrovato dopo la sua morte.
Io so' Carmela è stato scritto da Alessia di Giovanni e disegnato da Monica Barengo, pubblicato da Beccogiallo, racconta la storia di una ragazzina di Taranto di soli 13 anni, violentata tre volte in quattro giorni da persone diverse. La violenza è solo l'inizio.
"Ho cominciato un diario. L'ho chiamato 'la storia più brutta della mia vita"
Lo scrive di suo pugno, quando si trova in una comunità. Sì, lei si trova in una comunità, non i suoi carnefici. Il suo diario è la fonte d'ispirazione del fumetto e ci guida in una spirale di eventi traumatici. Carmela era seguita dai servizio sociali del comune, dopo una segnalazione, un caso senza prove di molestie sessuali, archiviato, avvenuto davanti scuola. Era seguita anche la famiglia per via di una storia complicata.
"Continuo a piangere. Voglio morire. Non vedo l'ora di vedere i miei"
Ma come ci è finita? Come inizia davvero questa storia? Carmela scappa di casa nel novembre del 2006. Quattro giorni durante i quali Carmela viene stuprata tre volte. Prima l'adesca un minorenne al mercato, che l'avrebbe poi consegnata a un altro uomo, un tossicodipendente. Carmela riesce a scappare e chiede aiuto a un suo amico, qualche anno più grande.
"Volevo restare abbracciata a lui"
Invece con la forza la violenta. Scappa ancora una volta e viene fermata da due ragazzi di Acierale, di 26 e 27 anni. Sono ambulanti, vendono statue, ed è sul loro camper che abusano contemporaneamente della ragazzina. E' a questo punto che, ritrovata da un conoscente, Carmela torna a casa. Al pronto soccorso comprendono cosa è successo e lei denuncia, fa nomi e cognomi e, per via della sua situazione pregressa, viene mandata in comunità. Può sembrare un lieto fine, eppure qui iniziano gli interrogatori, le accuse, i dubbi.
"La cosa peggiore in questa situazione è non essere creduta. Lo leggo nei loro occhi, sulle loro facce, nei loro gesti. Dopotutto sono stata io a scappare"
Le viene impedito di vedere i suoi genitori e, senza che questi ne sappiano niente, le vengono prescritti psicofarmaci. Carmela cambia comunità, ci sono regole meno ferree, può tornare ad avere contratto  con la famiglia e i medici interpellati si sorprendono della dose folle di medicinali che assume.

Un finesettimana Carmela torna a casa. Quel 15 aprile del 2007 Carmela decide di buttarsi dal settimo piano di un condominio nel quartiere Paolo VI di Taranto.

Quello che denuncia Alfonso Frassanito, papà di Carmela, quello che lei scrive nel diario ritrovato nella comunità, è l'abbandono da parte delle istituzioni, l'immobilità delle indagini, la mancanza di correttezza nelle procedure, quasi che lo stupro di una ragazzina sia qualcosa di poco conto.
Carmela si sente sola, si sente responsabile di quello che è successo e legge sui volti delle persone che se l'è andata a cercare: è lei che è scappata, è lei che è andata a casa dell'amico, è lei che è stata una ragazzina ribelle.

Nelle tavole delicate di Monica Barengo, Carmela è l'unica a vestire di un colore, il rosso, forse perché il lettore non deve staccarle gli occhi di dosso, ma deve seguirla costantemente, vedere che fine fa quella ragazzina e come la trattano gli adulti che avrebbero dovuto proteggerla.
La vita può diventare insostenibile, quando qualcosa dentro si è rotto, per questo, oltre ad un profondo dispiacere per due persone devastate dagli eventi, non me la sento di giudicare niente, perché non sono in grado di capire fino in fondo come Carmela e Noa si sentissero.

Nota: Ad oggi i due minorenni coinvolti nelle violenze ai danni di Carmela sono stati condannati solo ad una "messa alla prova" e hanno la fedina pulita. Il tossicodipendente è stato assolto e solo i due siciliani hanno avuto nel 2014 una condanna a 10 anni e 9 anni e 6 mesi.

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