Se dovessimo lanciare uno sguardo sulla produzione fotografica di Alessandro de Leo, vedremmo una forte accezione formale delle sue composizioni. L’attenzione al dettaglio, dalla sua ricerca e alla sua messa in evidenza, si rivela anche all’occhio profano.
Tra i generi preferiti campeggia il ritratto in studio. La sua ricerca si è svolta nell’ultimo anno di lavoro, nel tentativo di giungere ad una sintesi decisa. L’evoluzione della capacità di giostrare la luce nella maniera opportuna ha portato ad una progressiva eliminazione del superfluo. Tutto ciò che era in eccesso è stato rimosso e, se inizialmente sono state messe in ombra solo alcune parti del soggetto e se tutti i toni di grigio erano presenti nelle sue fotografie rigorosamente in bianco e nero, questa volta ciò che Alessandro de Leo ci propone è diverso.
La serie presentata offre una visione nuova dei suoi modelli, trattati alla stregua di oggetti. Non è fondamentale capire chi ha posato davanti all’obiettivo di de Leo e non è nemmeno indispensabile discernere se si tratti di un uomo o di una donna. Essenzialmente è difficile riuscire ad individuare il volto del soggetto e riconoscerlo, ma è possibile rivelarne delle tracce, sezioni, dettagli, che si lasciano disegnare dalla luce, proveniente dall’alto, su uno sfondo nero, uno sfondo che sembra quasi inghiottire anche chi è semplice spettatore dell’esposizione.